In occasione delle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016, il Polo Museale dell'Emilia Romagna è lieto di presentarvi una piccola "mostra virtuale" sulla rappresentazione dello sport nelle città etrusche della pianura padana.
L’iniziativa della Direzione Generale Musei dedicata a celebrare le Olimpiadi ha offerto lo spunto al Polo Museale dell’Emilia Romagna per presentare una panoramica generale sulle immagini che dello sport si ricavano dalle testimonianze archeologiche e artistiche della nostra regione.
Il percorso inizia dalle testimonianze dello sport nell’antichità. Si tratta per altro di un tema che, al di là delle facili suggestioni e tentazioni di un' attualizzazione fuori luogo, può proporre spunti di ricerca autonomi e rilevanti, proprio per il particolare ruolo di intermediario culturale che l'Etruria padana ebbe nei confronti degli altri popoli dell' Italia settentrionale (Veneti, Celti, Liguri). Il problema non è quindi solo di vedere in che forma e per quali aspetti sostanziali la civiltà etrusca abbia recepito gli ideali agonistici del mondo ellenico e quali elementi preesistessero nell'ambito della stessa tradizione protostorica locale, ma anche i modi di trasmissione di questi stessi modelli ad altre popolazioni.
Contesti di scavo importanti, come il corredo della tomba "delle anfore panathenaiche" della necropoli Arnoaldi a Felsina datato nella seconda metà del V secolo, dove, oltre alle due anfore-trofeo, erano conservati non casualmente una kylix attica con scene di palestra ed un candelabro in bronzo con cimasa configurata ad atleta, mostrano che il ceto dominante della Felsina etrusca era in grado di comprendere e di acquisire consapevolmente almeno alcune espressioni materiali delle concezioni agonistiche greche.
D'altra parte sappiamo da Plinio che una delle più importanti città dell' Etruria padana, Spina, possedeva un thesauròs nel santuario di Apollo a Delfi, dove si svolgevano giochi tra i più importanti del mondo greco, e nei ricchi corredi delle sue necropoli sono molti rinvenimenti di ceramica attica con scene di agonismo e di palestra; nei porti di Spina e di Adria inoltre è probabile che fossero imbarcati quei cavalli veneti, cui giovani aristocratici del mondo greco ed anche il tiranno di Siracusa, Dionigi, dovevano le proprie vittorie ippiche nei giochi panellenici.
Lo scambio culturale con il mondo greco si innestava tuttavia nell' Etruria padana in una tradizione di agonismo locale, che aveva le proprie radici in motivi di carattere religioso e di affermazione tra gruppi sociali ed all' interno del proprio gruppo. E' proprio l'esame di alcuni monumenti figurati di sicura o probabile esecuzione locale che conferma le diverse motivazioni delle gare atletiche in ambito etrusco e specificamente padano, dove un particolare rilievo sembrano infatti avere i giochi equestri.
Nella situla Arnoaldi, un contenitore in lamina di bronzo per il vino, realizzato da un artigiano veneto per un aristocratico di Felsina all' inizio del V secolo, sono raffigurate una corsa di bighe e una scena di lotta tra pugili con halteres per un trofeo costituito da un elmo con alto lophos; sulla stele funeraria di Vel Kaiknas, certamente uno dei monumenti felsinei più importanti, sono rappresentati scene di pugilato e di una rudimentale scherma davanti al suonatore di tromba e all' araldo, magistrato incaricato dell' ordinamento delle gare. Anche su un segnacolo in marmo della necropoli est di Marzabotto è rappresentata una teoria di cavalieri armati che compiono evoluzioni acrobatiche. Si ha la netta sensazione che in ambito etrusco-padano, come anche nell' Etruria propria, i giochi funebri in onore di defunti eccellenti abbiano costituito una delle occasioni di espressione dell'agonismo locale, forse la principali. Si trattava di cerimonie pubbliche che avevano un riflesso anche politico, perché riaffermavano il potere delle aristocrazie dominanti all' interno delle città etrusco-padane ancora nel V secolo a.C. e manifestavano la forza anche militare degli Etruschi nei confronti dei popoli vicini.
Tuttavia, il rinvenimento a Felsina e Marzabotto di importanti santuari urbani e periurbani, con ricche offerte votive in bronzo, lascia pensare che, anche nell'ambito di cerimonie religiose, ad esempio nei riti che segnavano il passaggio all' età adulta e alla condizione militare, si svolgessero agoni in cui i giovani dimostravano il proprio valore. Forse in questo ambito le esercitazioni equestri e le corse di bighe e quadrighe, grazie alla disponibilità dei cavalli veneti, erano privilegiate come esercizio specificamente aristocratico: proprio nella Delfi frequentata dagli Spineti le corse equestri avevano un posto privilegiato. Così, è certo lecito supporre che i conduttori delle bighe della situla Arnoaldi rappresentano la versione padana dell'auriga di Delfi. La fine dell' Etruria padana, nel corso del IV secolo a.C., non sembra tuttavia avere provocato un abbandono delle pratiche agonistiche, se nelle tombe dei capi celtici di Bologna e Monterenzio si rinvengono ancora preziosi strigili firmati da Apollodoro, insigne artigiano di origine magnogreca.
Testi tratti da "Gare ed atleti nell'Etruria Padana" catalogo della rassegna espositiva curata dalla Soprintendenza Archeologica dell'Emilia Romagna nell'ambito del progetto ministeriale "Lo sport nell'Italia antica", 2002-2003
Autori dei testi
Luigi Malnati
Fede Berti
Paola Desantis
Approfondimenti:
Le contese degli Dei e degli Eroi
Lo sport e la musica
L'immagine dello sport nell'Etruria padana
L'allenamento in palestra
Competizioni a cavallo: le acrobazie dei "desultores"
Lo sport nella vita e nella morte